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Il mito della Difesa Personale

Esistono molte convinzioni riguardo le Art Marziali e la Difesa Personale.

Spesso si crede che Arti Marziali e Difesa Personale siano simili. Spesso si crede e Arti Marziali servano per difendersi. Spesso si crede che per imparare la difesa personale sia sufficiente togliersi un kimono ed insegnare un compendio di tecniche provenienti dal proprio sistema marziale, quale che esso sia.

Niente di più sbagliato.

Comprendo molto bene che per un neofito il mio discorso possa sembrare strano: lo sono stato anche io e ricordo molto bene com’è stato l’inizio.

Dopo anni di pratica e di riflessione mi sento di dire che Arti Marziali e Difesa Personale siano due entità dove le somiglianze siano di gran lunga inferiori rispetto alle divergenze.

Il fine

In primis non condividono il fine: le Arti Marziali mirano a rafforzare l’individuo, a fornirgli un’impalcatura che accompagnandolo alla scoperta di Sé stesso gli permetta di conoscersi e maturare. Si può dire che il fine della Arti Marziali sia mettere in circolazione individui più maturi e socialmente responsabili. Tramite la pratica in solitario si può approfondire la conoscenza di Sé stessi, tramite invece l’allenamento con un compagno si può imparare a relazionarsi all’altro, ad essergli riconoscente ed ad aiutarlo. Alla fine non si può crescere in solitaria quanto si cresce confrontandosi con un’altra persona. Per quanto riguarda invece la Difesa Personale, il solo ed unico fine è quello di acquisire le competenze necessarie per sopravvivere in caso di pericolo reale. Punto.

L’estetica

Un’Arte Marziale è legata ad un preciso canone estetico, che ne definisce la specificità e la tradizione: Arti Marziali provenienti dalla stessa cultura presentano delle sotto varianti – gli stili – che molto spesso si differenziano proprio per i canoni estetici. La Difesa Personale invece punta solo all’efficacia: poco importa se una tecnica è brutta da vedere, l’importante è che funzioni in una situazione reale.

Rituali e valori

Le Arti Marziali sono caratterizzate da un proprio rituale e da propri valori: prima di allenarsi, sia in singolo che con un compagno, si esegue una qualche forma di cerimoniale che nella versione più semplice ed economica si concretizza in un inchino. Il cerimoniale è un accordo sulle regole, sull’impegno, sulla correttezza dei partecipanti. La Difesa Personale è esattamente l’opposto: se la scorrettezza aumenta la probabilità di sopravvivenza, ben venga la scorrettezza.

La complessità

Molte Arti Marziali includono sequenze di tecniche molto complesse, che richiedono doti di coordinazione e precisione. Generalmente sono molto spettacolari da eseguire e da vedere. La Difesa Personale si basa sulla semplicità e sull’economia: la tecnica deve essere efficace deve permettere di risparmiare energie ed al contempo di raggiungere in poco tempo il risultato.

Il realismo

Come conseguenza del punto precedente, le Arti Marziali non cercano il realismo. Anzi, molto spesso se ne allontanano molto. Il che ha senso se il fine è quello di allenare specifiche capacità, come ad esempio la coordinazione. La spina dorsale della Difesa Personale è invece il realismo: deve funzionare nel contesto in cui la persona vive, deve tenere conto anche di fattori quali il sistema giuridico vigente ed a quali condizioni la difesa personale è prevista.

Inclusività ed esclusività

Le Arti Marziali sono inclusive: bene o male chiunque può iniziare il percorso. Bene o male chiunque, adattando le tecniche alle proprie possibilità, può praticare. E questo è per me un concetto molto bello: chiunque può migliorare Sé stesso. La Difesa Personale invece è esclusiva. Parliamoci chiaro: chiunque ha il diritto di difendersi ma non tutti hanno la possibilità di imparare a farlo. So di presentare un punto di vista contrario al proprio tornaconto economico ma rimango profondamente convinto sia così. Imparare a difendersi è prima di tutto una questione psicologica. Quando la preda intercetta lo sguardo fisso del predatore e capisce di esser stata selezionata, riceve uno shock emotivo prima ancora che fisico. Questa fase contribuisce a determinare l’esito dello scontro per la propria sopravvivenza . La persona per riuscire ad operare efficacemente deve aver forgiato un mindset – o atteggiamento mentale – orientato alla sopravvivenza: deve essere pronta in prima battuta a scappare o qualora non sia possibile, in seconda battuta ad infliggere un numero superiore di danni rispetto a quelli che subirà. Perchè pensare di uscire illesi da uno scontro reale è mero pensiero speranzoso: quando ci si trova di fronte ad un soggetto che è determinato a farci del male, armato, con l’asse ipotalamo – ipofisi – surrene che pompa adrenalina, noradrenalina e cortisolo come un idrante e magari anche sotto l’effetto di stupefacenti non è affatto una cosa semplice. Se poi il soggetto non è da solo la situazione può andare a sud molto velocemente. Molto a sud. Il processo per forgiare un mindset che permetta di gestire una situazione di questo genere è faticoso, impegnativo e doloroso: richiede di guardarsi dentro, di spingersi fino a toccare il proprio limite sia fisico che emotivo e di imparare ad operare in quella condizione. Quanti sono veramente disposti a farlo? Quanti sono disposti a tornare a casa tre volte la settimana con lividi e dolori vari? Quanti sono veramente disposti a spingersi fino a toccare il proprio limite?

Sono domande retoriche.

Le Arti Marziali sono costruttive. La Difesa Personale distruttiva. Entrambe hanno i propri punti di forza e la propria dignità. Entrambe sono percorsi percorribili.

Ma se non si comprende la differenza si rischia di impararlo quando ormai è tardi.

Jacopo


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