1. Introduzione

Nel bestseller “The Gift Of Fear”, Gavin de Becker definisce l’intuito come il nostro sistema di difesa antimissilistico per eccellenza che ci protegge in caso di pericolo. Nella prospettiva di de Becker l’intuito è una risorsa che funziona un po’ come un radar che scandaglia l’ambiente in cerca di potenziali minacce. L’intuito si colloca fra i processi che sono attivi sotto la soglia della consapevolezza ed è capace di produrre collegamenti istantanei che ci fanno vedere al di la delle apparenze (il viaggio da A a Z senza passare per le rimanenti lettere). Fra i modi in cui l’intuito comunica con noi troviamo sensazioni opprimenti, pensieri ricorrenti, curiosità, sospetto, disagio ed infine paura. Eppure a volte l’intuito fallisce clamorosamente e prendiamo delle fregature enormi. Come mai? L’intuito è effettivamente così efficace?

2. Cos’è l’intuito

Innanzitutto occorre darne una definizione. La parola intuito deriva dal latino “intueor” che significa guardare dentro, prestare attenzione, occuparsi di, badare. E’ interessante notare come la stessa parola possa avere un collegamento con il verbo “tuere” fra i cui significati sono riportati: proteggere, difendere, salvaguardare e tutelare, quest’ultimo quello che più ha conservato la somiglianza con la forma latina. Se nella vita quotidiana siamo più abituati a correlare l’intuito con un improvviso colpo di genio, l’etimologia della parola mette in luce la connessione con la nostra sicurezza.

Adottando un approccio più scientifico cosa possiamo dire riguardo l’intuito? Le neuroscienze hanno ormai ampiamente dimostrato che la maggior parte dei processi che guidano la percezione e le decisioni avvengono a livello inconscio, vale a dire sotto il livello di consapevolezza della persona. Funzionano in modo automatico, spesso non possono essere interrotti e soprattutto consumano pochissime risorse. Come disse Simon, uno dei padri dell’Intelligenza Artificiale, l’essere umano è un sistema a razionalità limitata. Abbiamo un certo numero di risorse disponibili che deve essere diviso fra tutti i processi che sono in funzione: più un processo è esoso in termini di risorse cognitive, meno risorse sono disponibili per eseguirne altri. Per fare un esempio molto semplice, eseguire a memoria un’operazione aritmetica come 123*7 richiede più concentrazione rispetto a sentire la musica in cuffia mentre si cammina per la strada. Questo comporta che, per evitare di rimanere paralizzato da processi di analisi (un po’ come quando il cursore di Windows diventa una clessidra che comincia a girare) il cervello prediliga tutti quei processi che consumano poche risorse, vale a dire quelli inconsci.

3. Elaborazione automatica ed elaborazione consapevole

Per arrivare a produrre un dato il cervello ha due strade: avvalersi di un processo analitico (razionale, esoso di risorse e che necessita di molti dati) o in alternativa optare per scorciatoie, le così dette euristiche. Le euristiche permettono di risparmiare risorse, funzionano anche con pochi dati a disposizione ma per contro non garantiscono un risultato certo. Se nella vita di tutti i giorni un risultato non perfetto ma buono abbastanza è più che sufficiente per garantire la sopravvivenza e l’efficacia nella maggioranza dei casi, il problema si presenta piuttosto nella minoranza dei casi.

Tre esempi di euristiche:

Comincia quindi a delinearsi un aspetto fondamentale: l’intuito non è geneticamente trasmesso ma si forma sulla base delle esperienze del soggetto, dei suoi modi di pensare, dell’ambiente e della cultura in cui vive. Al variare di queste, varia l’intuito.

4. Sterotipi, pregiudizi e distorsioni

Le euristiche non sono gli unici fattori responsabili nel processo di decisione. Infatti a livello inconscio contribuiscono anche altri aspetti quali:

Tutte queste componenti vengono attivate, si intrecciano a formare un filtro che guida, seleziona, screma, organizza i dati sensoriali che provengono dall’esterno. Il tutto in modo rapido, incontrollato ed inconsapevole. E’ facile comprendere come il risultato finale sia diverso non solo da persona a persona ma anche per la stessa persona sulla base di quali sollecitazioni arrivino per prime, sulla base di quali vengano considerate più salienti (vale a dire più importanti), sulla base di quali dati vadano invece persi (per esempio a causa della distrazione), sulla base della motivazione a creare una valutazione approfondita o sul tempo a disposizione.

Un soggetto può quindi facilmente pilotare la valutazione di un’altra persona, fornendo proprio quei dati che vengono riconosciuti come più salienti ed usati come mattoni per costruire le fondamenta della valutazione dell’altro. Fra le tecniche che vengono più frequentemente impiegate, si trovano il fascino e la gentilezza. Non si tratta di caratteristiche della persona (come ad esempio potrebbe trattarsi del colore degli occhi, dell’altezza, del peso…) quanto di vere e proprie strategie comportamentali: fascino deriva dal verbo “affascinare” (nota come suona in modo diverso “è una persona affascinante” da “quella persona ha esercitato un’azione di fascino su di me”), mentre la gentilezza viene fatta sempre col fine di ottenere un vantaggio (la gentilezza stimola il circuito dopaminergetico della ricompensa, il che è un vantaggio per la specie). Mostrarsi gentili per primi stimola due norme sociale: quella della reciprocità (aspettativa in base alla quale gli individui prestano soccorso ed aiuto e non danneggiano coloro da cui hanno ricevuto aiuto e soccorso) e quella della responsabilità sociale (dovere morale di aiutare le persone che dipendono dal nostro intervento).

5. Consapevolezza informata

A questo punto possiamo definire l’intuito come un processo di decisione attraverso cui arriviamo a sapere immediatamente qualcosa senza ragionamento o analisi. Si delinea quindi un quadro dove l’intuito non solo è culturalmente formato ma è anche facilmente influenzabile, tanto da spinte interne alla persona quanto esterne. Che cosa comporta tutto questo?

L’intuito sicuramente presenta punti di forza e debolezze. Affidarsi ciecamente all’intuito può portare a conseguenze spesso non pianificate. Se non hai mai fatto paracadutismo, ti affideresti all’intuito per sapere quando aprire il paracadute? Allo stesso identico modo, perché dovresti pensare che il tuo intuito ti possa sempre salvare in qualsiasi situazione? Se non sai come operi un predatore, come può saperlo il tuo intuito? Se non sai che un predatore sessuale pensa, si comporta ed opera in modo diverso da un partner abusante, come può saperlo il tuo intuito?

Pensare in questo modo è un po’ come ritenere che l’antivirus sul proprio computer sia sempre efficace anche se non viene aggiornato: l’intuito rimane una risorsa estremamente importante, a patto che si impari a conoscere come funzioni, quali processi lo controllino, quali siano i punti di forza e quali i limiti.

Si tratta quindi di fare un passo in avanti ed introdurre il concetto di “consapevolezza informata”: una forma di intuito più consapevole, strategica ed in aggiornamento.

Personalmente penso – e questo è solo il mio parere personale – che l’intuito non serva a nulla se pensi che sia infallibile e che ti protegga in qualsiasi situazione: due distorsioni che si chiamano “fenomeno dell’eccessiva fiducia in se stessi” (la tendenza ad essere più sicuri che corretti, sovrastimando l’esattezza delle proprie credenze) ed “illusione del controllo” (la percezione che eventi incontrollabili siano soggetti al controllo di qualcuno o siano più controllabili di quello che in realtà sono).

Per contro l’intuito diventa una risorsa se:

Come vedi la maggior parte dei punti riguarda l’investimento di una certa quantità di tempo: questo perchè non esistono formule magiche, non esistono elisir, non esistono scorciatoie. Uscire dalla violenza è un processo, esattamente come proteggersi. Richiede tempo, richiede risorse, richiede motivazione.

Però ne vale la pena.

Se vedum prest,

Jacopo

Bibliografia

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